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Cenni storici

Ultima modifica 10 luglio 2023

Le origini di Saracena si perdono nella foschia del passato ed acquistano sapore di leggenda.

Si vuole che discenda dall’Antica Sestio, fondata dagli Enotrii, come riferiscono Stradone,  Stefano di Bisanzio e  Padre Fiore, nella sua “Calabria Illustrata”, (così parla di Saracena) “Terra antichissima è la medesima che già fiorì col nome di Sestio, edificata dagli Enotrii”.

Secondo i calcoli del suddetto Padre Fiore, Sestio sarebbe stata fondata intorno al 2256 a.C., e nel 900 dell’era cristiana, venne conquistata dai Saraceni i quali vi fissarono la loro sede. Ma poco dopo, l’esercito imperiale di Costantinopoli assalì e distrusse la città. A ricordo di questa leggenda, raffigurata anche in un antico affresco sul frontespizio della cappella di S. Antonio e nella sacrestia di S. Maria del Gamio, nel timbro comunale e nel gonfalone di Saracena, viene raffigurata una donna che fugge, avvolta in un lenzuolo, con intorno la scritta: “Universitas terrae Saracinae”.

Il nuovo paese, sorto successivamente intorno al castello baronale, cinto di mura e fortificato di quattro  porte (   Porta del Vaglio,   Porta S. Pietro,   Porta Nuova e Porta dello Scarano ), con l’arrivo dei Normanni, diventò dominio feudale.

Il Feudo di Saracena, valutato quarantamila ducati, appartenne  ai Duchi di S. Marco e poi ai Principi di Bisignano. Alla fine del 1600 fu acquistato all’asta pubblica, per 45.000 ducati, dal Duca Laurenzana Gaetani, il quale, intorno al 1613, lo cedette ai Signori Pescara di Diano. Dopo la morte del Duca Pescara, avvenuta nel 1515, il Feudo di Saracena passò sotto il dominio dei Principi Spinelli di Scalea, dove vi rimase fino al 1806. Ma, il 14 Agosto di questo stesso anno, per volere di Napoleone Bonaparte, fu emanata la legge eversiva della feudalità, con la quale questa veniva abolita. I suoi feudatari abitarono  il maestoso castello fino al XIII secolo.
Edificato nel punto migliore del paese, abbracciava con la sua imponenza un ampio scorcio paesaggistico: le rive marine da quelle di Cerchiara fino a Capo dell’Alice, le montagne della Sila, la Valle di Cosenza e tutti i paesi che vi stanno intorno. Questo castello, originariamente era dimora di illustri personaggi, conteneva sale lussuosissime ricche di preziosi ornamenti; era bella a vedersi soprattutto la cosiddetta “ministalla”, cioè un ampio locale per cavalli.

Il Castello in seguito fu soggetto a devastazione, le mura e le torri furono distrutte e per poco compenso ne furono vendute le pietre, i mattoni e le travi. Un certo Leone Rotondaro acquistò l’intero edificio che fu restaurato ed adibito ad abitazione. Un manoscritto rinvenuto all’interno dello stesso castello ci fornisce notizie dettagliate sulla storia di quest’ultimo. Il manoscritto testimonia che il castello, di antichissima costruzione, era munito di torri e di molte uscite sotterranee ed era chiamato “Castello di Sestio” perché difendeva la città. Nel X secolo d.c. la città di Sestio, occupata dai Saraceni, fu presa dai Costantinopolitani (inviata dall’Imperatore d’Oriente) che distrussero la città. Gli abitanti che riuscirono a sfuggire all’assalto si rifugiarono ai piedi del castello e intorno ad esso costruirono case; nacque così un piccolo paese chiamato “Saracina” in onore della donna saracina che aveva tenuto le sorti della città. Questo paese fu fortificato, da mura e si fecero quattro porte con le torri, simili a quelle del castello per difendere il paese dagli assalti dei nemici. Anton Sanseverino alla fine dell’anno mille fece costruire il braccio che corrisponde all’attuale parrocchia di San Leone.


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